Mingqi: musica e danze per l’aldilà

di Isabella Doniselli Eramo

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Quegli uomini colti e raffinati che noi in Occidente siamo soliti indicare con l’appellativo di “Mandarini”[1], cioè i funzionari della burocrazia imperiale, vera spina dorsale della stabilità del Celeste Impero, forgiati da lunghi anni di durissimo studio e da un’estenuante serie di esami altamente selettivi [2], profondi conoscitori del pensiero confuciano e della sua etica,erano anche sensibili cultori delle arti più squisitamente ricercate: la poesia, la calligrafia, la pittura e la musica. Arti che affondavano le loro radici nei tempi più remoti della civiltà cinese; ed anche in questo i dotti mandarini si conformavano all’insegnamento del Maestro Confucio [3]: Il Maestro disse “Conformate la vostra volontà alla Via, comportatevi secondo le Virtù, agite in nome della Benevolenza e ritempratevi con le Arti”[4].

La musica, in particolare, è attestata ben presente e praticata durante feste, cerimonie e riti religiosi fin dall’alba della storia cinese: è ritenuta di origine divina ed è strettamente connessa alla cosmologia e all’astrologia.

Durante l’epoca Zhou (1122 -249 a.C.) ha un ruolo importante nell’ambito delle complesse cerimonie rituali, sia prettamente religiose, sia di carattere divinatorio o funebre. Contenitori rituali di bronzo decorati in agemina con metalli preziosi (risalenti soprattutto al periodo degli Stati Combattenti, 475-221 a.C.) e lastre tombali di pietra incise a bassorilievo, mostrano scene di cerimonie di corte, accompagnate da complessi musicali dotati di strumenti di vario tipo [5]. La musica rituale è sovente associata alla danza nella quale i danzatori mimano scene contestuali alla celebrazione: un uso mutuato, molto probabilmente, da antichi riti sciamanici. Alla danza si uniscono anche esibizioni di acrobati e giocolieri.

Musica, gesti rituali e danze vengono ben presto codificati in appositi “manuali di liturgia” e se ne trova una dettagliata descrizione in uno dei testi classici confuciani [6], il Liji (Memorie sui Riti).

Con la nascita dell’impero cinese centralizzato (221 a.C.) e soprattutto durante la dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) la codificazione della liturgia viene perfezionata e viene istituito un apposito Ufficio Imperiale della Musica, col compito di raccogliere e selezionare tutto il materiale musicale, i testi dei canti e gli studi in materia, accogliendo e rielaborando anche le diverse tradizioni musicali proprie delle popolazioni che gradualmente entrano nella sfera di influenza dell’impero cinese, nella sua fase espansiva.

Tutto ciò a dimostrazione della straordinaria importanza che fin dall’antichità è attribuita alla musica e alla danza, alle quali si presta una particolare attenzione, anche perché ritenute capaci di agire sugli individui, condizionandone i comportamenti [7].

Secondo Confucio la musica conferisce tranquillità allo spirito e contribuisce all’elevazione morale dell’uomo e pertanto svolge un ruolo fondamentale nell’educazione dei giovani e nella formazione del “gentiluomo” confuciano, cioè dell’uomo erudito e raffinato, legittimato dalla sua sola cultura a partecipare al governo dello stato.

Scavi archeologici di sepolture risalenti alle epoche degli Stati Combattenti (475-221 a.C.) [8], della dinastia Qin (221-206 a.C.) e della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) hanno evidenziato l’uso di includere nei corredi funerari dei sovrani e di personaggi altolocati, anche strumenti musicali e in particolare tamburi, carillon di campane e litofoni (Fig. 1 e 2).

FIG.1 – Piccola serie di campane di bronzo, epoca Primavere e Autunni (771-476 a.C.), misure della maggiore: h 42,5 cm, larg. 33 cm, Istituto di Archeologia della provincia dello Shandong (immagine tratta da Confucius, la Via dell’uomo, a cura di P. Corradini, Edizioni Charta, Milano 1993, catalogo omonima mostra, Urbino 4 dicembre 1993-4 giugno 1994)
FIG.2 –  Serie di “pietre sonore”, parte di un litofono, epoca Primavere e Autunni (771-476 a.C.), misure della maggiore: lung. 79 cm- larg. 20 cm, Museo dell’Antica Capitale dello Stato di Qi, Linzi, Shandong (immagine tratta da Confucius, la Via dell’uomo, a cura di P. Corradini, Edizioni Charta, Milano 1993, catalogo omonima mostra, Urbino 4 dicembre 1993-4 giugno 1994)

I mingqi del primo impero

Nello stesso periodo, si afferma l’uso di porre nelle sepolture effigi di terracotta o di legno che rappresentano persone, animali, oggetti ed edifici destinati a servire il defunto nella sua vita nell’aldilà. Sono i cosiddetti mingqi, o “arredi dello spirito”, che oggi costituiscono una parte considerevole delle collezioni di arte antica cinese dei musei di tutto il mondo e animano un ampio settore del mercato antiquario internazionale.

L’iniziatore di questa tradizione è il primo imperatore, Qin Shihuangdi, che nel 221 a.C. unifica l’intero territorio cinese in un unico impero centralizzato. Il suo mausoleo è corredato dagli esempi di mingqi più universalmente noti: i soldati a grandezza naturale dell’esercito di terracotta di Xi’an. E accanto ai soldati ci sono anche acrobati e giocolieri.

Tuttavia, il momento di massima fioritura della produzione di mingqi si colloca durante la dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.). L’impero cinese è una grande potenza militare e politica, lavora a migliorare anche la sua stabilità economica e si appoggia sull’efficienza e sull’organizzazione dei suoi eserciti, grazie ai quali riesce a garantire sicurezza e prosperità per le sue popolazioni.

L’importanza cruciale del ruolo svolto dalla componente militare della società Han è testimoniata dalla presenza – nelle sepolture degli imperatori, dei principi, degli alti funzionari, dei grandi condottieri – di un numero considerevole di mingqi che raffigurano interi reparti di soldati, sia a piedi, sia a cavallo. Non sono più le grandi figure a grandezza naturale dell’esercito di terracotta del primo imperatore, ma sono miniature, la cui altezza può variare dai 30 ai 60-70 cm. Sono figurine di terracotta, formate in stampi e successivamente perfezionate con una raffinata modellazione manuale [9]. Infine sono decorate con argille colorate.

Nelle sepolture più importanti compaiono anche mingqi di bronzo, di raffinata fattura: cavalli, cavalieri, carri da guerra. Allo stesso tempo, nelle sepolture situate nelle regioni meridionali è frequente trovare mingqi realizzati in legno dipinto, a volte anche laccato; un esempio significativo, in proposito, sono le sepolture di Mawangdui, nella provincia di Hunan, veri gioielli dell’archeologia cinese risalenti al II secolo a.C. [10]. Non vi sono solo soldati, ma anche servitori, dame di palazzo, funzionari, musicisti, animali. L’interesse documentario di questi manufatti è notevole, poiché forniscono anche un’ampia serie di informazioni circa il modo di vestire dell’epoca: la foggia degli abiti, i disegni dei tessuti, le acconciature, gli strumenti musicali.

Musici e danzatori

Nel corso dell’epoca Han si fa sempre più importante la presenza di mingqiche rappresentano intere orchestre, con cantanti, danzatori, acrobati e giocolieri, destinati ad allietare il defunto nella sua nuova vita. Se, come s’è detto, nel primo periodo Han le figure di soldati e cavalieri hanno di gran lunga l’assoluta preminenza numerica nell’ambito dell’arte funeraria, tuttavia non mancano immagini di dame, di ancelle e di artiste impegnate nelle loro esibizioni, come la danzatrice di Fig. 3.

FIG. 3 –  Danzatrice, epoca Han occidentali (II sec. a.C.), terracotta grigia, ingobbio bianco con tracce di pittura a freddo, h cm 45, Cina centrale, (immagine tratta da Fine Chinese Ceramics, Furniture and Works of Art, Sotheby’s New York, settembre 1997)

La forma slanciata e flessuosa, l’abito fasciante, le ampie maniche e i gesti armoniosi, conferiscono al soggetto una grazia eterea e quasi spiritualizzata, che sembra rinviarla immediatamente ad una dimensione ultraterrena, alla vita nell’aldilà. La statuina, come la maggior parte dei mingqi di questo periodo, è modellata in argilla rossa o grigia [11], rivestita di ingobbio [12] bianco e decorata con argille colorate nei toni pastello; non mancano, tuttavia, esempi di mingqi rivestiti di invetriatura decorativa nei colori del verde e del marrone [13].

Il gruppo di Fig. 4, invece, appartiene al periodo degli Han Orientali, la seconda parte dell’epoca Han; è composto da due suonatori di strumenti a fiato (in questo esempio si tratta di un flauto xiao [14]) e a corda (qin, tipico strumento a corde pizzicate della tradizione cinese) [15], accompagnati da una cantante. Le statue sono modellate in terracotta e sono alte circa 60 cm. Considerate le caratteristiche chimico-fisiche dell’argilla impiegata e le modalità stilistiche della modellazione, sono attribuibili alla produzione di fornaci situate nel sud-ovest della Cina, nell’odierna provincia di Sichuan. Vestono i tipici abiti dell’epoca, incrociati e chiusi a V sul davanti, con maniche molto ampie e molto lunghe.

FIG. 4 –  Gruppo musicale, epoca Han orientali (9-220 d.C.), terracotta rossa con tracce di pittura policroma, h. cm 61, Cina sud-occidentale (odierna provincia di Sichuan), Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano

La foggia e i colori di queste vesti sono molto ben illustrati dalle figurine di legno (Fig 5 e 6) che compongono il corredo funerario delle citate tombe di Mawangdui (Hunan). Tutte le statuette di musicisti, sia quelle in legno sia quelle in terracotta, mostrano chiaramente il particolarissimo copricapo piatto, segno distintivo degli artisti. Le cantanti e le danzatrici, invece, sfoggiano una vezzosa acconciatura di fiori di crisantemo, molto evidente e sontuosa nella statuetta di Fig. 7, che rappresenta, appunto, una danzatrice intenta alla sua esibizione. Gli atteggiamenti dinamici e disinvolti e le espressioni liete dei volti, caratterizzate da un sorriso allegro e contagioso, testimoniano la vera finalità della presenza di queste figurine nei corredi funerari: portare gioia nella nuova vita del defunto, dell’antenato. La modellazione di tutte queste figure è caratterizzata da una straordinaria vivacità e da una vigorosa spontaneità, indici di una società animata da vitalità e forza creativa.

FIG. 5 –  Statuine raffiguranti dame di corte, epoca Han occidentali (206 a.C.-9 d.C.), legno e pigmenti colorati, h. 43-48 cm, tomba M1 di Mawangdui, Changsha, Hunan, Museo dello Hunan (immagine tratta da China Instiute in America, www.chinainsitute.org/mawangdui)
FIG. 6 –  Statuine di musicisti, epoca Han occidentali (206 a.C.-9 d.C.), legno e pigmenti colorati, tombe di Mawangdui, Changsha, Hunan (immagine tratta da www.nytimes.com/2009/04/10/arts/desing/10tomb.html, relativo alla mostra “Noble Tombs at Mawangdui”, China Institute, NY Manhattan, 10 aprile-7 giugno 2009)
FIG. 7 –  Danzatrice con acconciatura di fiori di crisantemo, epoca Han orientali (9-220 d.C.), terracotta rossa con tracce di ingobbio bianco, h. cm 46, Cina sud-occidentale (odierna provincia di Sichuan), Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano
FIG. 8 –  Gruppo musicale con danzatrice, epoca Han orientali (9-220 d.C.), terracotta rossa con tracce di pittura policroma, h. cm 23-28, Cina sud-occidentale (odierna provincia di Sichuan), Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano

Il gruppo della Fig. 8, di dimensioni più contenute rispetto al precedente – i musicisti seduti, infatti, sono alti 23 cm, mentre la danzatrice non supera i 28 cm – mostra con evidenza la particolare tecnica di modellazione dei mingqi di terracotta dell’epoca Han. Le figure sono modellate in stampi in due metà, come due bassorilievi (il davanti e il dietro) che vengono saldate insieme successivamente: nell’esempio è ancora evidente la linea di saldatura tra le due parti. Solo un accurato intervento di modellazione manuale in fase di rifinitura consente di rendere invisibile tale saldatura. Il gruppo mostra una danzatrice che si esibisce accompagnata da tre musicisti: un suonatore di sheng o organo a bocca [16], un suonatore di qin e un suonatore di tamburo.

A volte le miniature di musici di terracotta sono le effigi di artisti stranieri (resi riconoscibili dai tratti somatici e dalla foggia degli abiti) provenienti per lo più dall’Asia Centrale, le cui modalità espressive – la musica, la danza, i costumi – così diversi da quelli della tradizione cinese, hanno molto successo presso gli Han. E’ l’epoca in cui iniziano e si sviluppano gli scambi commerciali lungo quella che sarà più tardi battezzata “Via della Seta” [17], che per la prima volta mette in comunicazione l’area cinese con le realtà dell’Asia Centrale: il contatto con i mercanti, i viaggiatori, gli esploratori e i missionari (specialmente buddhisti) [18], portatori di culture e di tradizioni religiose diverse, è fonte di arricchimento e di rivitalizzazione anche per le tradizioni artistico-culturali cinesi.

Nonostante l’influenza innovatrice derivata dal contatto con culture straniere, in Cina non si attenua la forza della tradizione di porre nelle sepolture mingqi raffiguranti l’intero entourage dei defunti. Anche nei difficili secoli (dal III al VI) che seguono la caduta della dinastia Han (220 d.C.), quando si avvicendano numerose dinastie effimere, spesso di origine straniera, che di volta in volta prendono il controllo di alcune porzioni del territorio cinese, la tradizione dei mingqi viene mantenuta viva. Le manifatture specializzate affinano le loro tecniche artistiche e produttive, nonostante che la difficile situazione generale, turbata da disordini, guerre e lotte interne, faccia sì che i mingqi di quest’epoca siano piuttosto rari. Per esempio, la Fig. 9 mostra una produzione della dinastia Qi del Nord, che regna nella Cina nord orientale tra il 550 e il 577. Si tratta di una piccola orchestra interamente al femminile, le cui componenti, sedute sui talloni suonano diversi tipi di strumenti [19], avvolte nei sontuosi costumi allora in voga – ampi e arricchiti di “ruches” e volant sulle larghe maniche – e pettinate con elaborate acconciature. Le figurine di terracotta sono alte circa 17 cm e mostrano tracce di decorazione policroma, realizzata con argille colorate (ingobbi).

FIG. 9 –  Orchestra femminile, Dinastia Qi settentrionale (550-577 d.C.), terracotta rossa con tracce di policromia, h cm 17, Cina nord-orientale, Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano

Sui e Tang: l’epoca d’oro

La ricostituita unità dell’impero con la dinastia Sui (589-618) e il ritorno della Cina allo status di grande potenza militare ed economica con la dinastia Tang (618-907), riportano la musica e la danza al centro della vita sociale e dei cerimoniali religiosi e civili dell’impero cinese. Già a partire dalla breve dinastia Sui si registra una notevole rivalutazione della musica e della danza, che recepiscono e rielaborano motivi, gestualità e coreografie di origine straniera.

Questo ritrovato gusto per gli spettacoli musicali e per l’uso di melodie appropriate per le diverse liturgie, si rispecchia in una straordinaria diffusione di mingqi che raffigurano artisti impegnati in concerti e in performance di danza. Anche la tecnica di lavorazione delle figurine di terracotta si va affinando e compaiono intere serie rivestite con invetriature incolori, trasparenti e successivamente decorate in policromia a freddo. Ne è un esempio il gruppo di Fig. 10, composto da tre danzatrici e tre musiciste estremamente aggraziate ed elegantissime nella sobrietà delle loro vesti semplici e morbide, che sottolineano la flessuosità delle figure. L’abilità tecnica del ceramista, la sensibilità della modellazione, l’accuratezza della decorazione policroma prefigurano la strepitosa fioritura dell’arte dei mingqi di epoca Tang, quando si registra una vera e propria “esplosione” del particolare settore.

FIG. 10 –  Orchestra della dinastia Sui, epoca Sui (589-618 d.C.), terracotta invetriata con tracce di decorazione policroma a freddo, h cm 20 c.a., Cina centrale, Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano

I mingqi del periodo Tang, infatti, occupano un posto di primo piano nel panorama artistico cinese sia per la qualità tecnica, sia per l’elevato livello di raffinatezza e fantasia, sia per la varietà dei soggetti, sia, infine, per l’inarrivabile consistenza quantitativa delle produzioni. Si rappresentano funzionari e dignitari, dame di palazzo e inservienti (celebri sono le “fat ladies” tanto amate dal mercato antiquario), soldati e cavalieri, viaggiatori e mercanti stranieri, fanciulle elegantemente vestite ed acconciate, cavalli di straordinaria bellezza ed eleganza, cammelli carichi di merci coi loro cammellieri, cacciatori e arcieri a cavallo, squadre complete di giocatrici di polo e poi musicisti, danzatrici, giocolieri e intere orchestre a cavallo (Fig.11). Senza contare le figure mitiche come i guardiani delle tombe, i Re Celesti protettori del Buddha, i dodici animali dello zodiaco cinese.

FIG. 11 – Sei suonatori a cavallo, dinastia Tang (618-907), terracotta grigia, ingobbio bianco e pigmenti policromi a freddo, h 34-35 cm, Cina centrale (odierna provincia di Shaanxi), (immagine tratta da: Wetzel A., Cina Antica, capolavori d’arte dal neolitico alla dinastia Tang, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2002, pag 113.)

La varietà dei soggetti ritratti rimanda l’immagine di una società prospera e raffinata, sensibile alla bellezza e alla cura dell’estetica, attenta all’eleganza degli abiti e della gestualità, con gusti cosmopoliti e amante delle arti, della musica e degli spettacoli.

Anche le tecniche decorative dei mingqi sono molto varie e improntate ad abilità tecnica e raffinata fantasia; si trovano immagini finemente modellate e decorate con semplice ingobbio bianco o color crema, oppure dipinte con argille colorate, che creano un effetto di sobria eleganza, come, ad esempio, la citata orchestra di Fig. 11. Altre volte la decorazione dipinta è sgargiante e arricchita di dorature. L’epoca Tang, tuttavia, è il momento di massimo sviluppo e di maggior abilità tecnica nell’uso delle invetriature piombifere [20] colorate. Numerosi sono i mingqi invetriati e decorati successivamente con colori a freddo e più ancora sono quelli in cui le vetrine sono utilizzate magistralmente per realizzare una vivace decorazione policroma. Particolarmente diffusa e apprezzata è l’invetriatura cosiddetta sancai, cioè “tre colori” – principalmente verde (talvolta sostituito dal blu), ocra e bianco-crema – che si afferma come tipica e distintiva dell’epoca Tang.

La sicurezza politica ed economica dell’impero favorisce lo sviluppo di commerci e traffici con l’Asia Centrale e con il Medio Oriente, lungo la Via della Seta. La capitale dell’impero Tang, Chang’an (oggi Xi’an) si trasforma rapidamente in una città cosmopolita, dove trovano ospitalità intere comunità straniere, portatrici di culture e religioni provenienti da lontano. Basti citare, a titolo d’esempio, la comunità ebraica, quella islamica che edifica la sua prima moschea in stile architettonico cinese, quella cristiana siro-orientale (comunemente detta “nestoriana”) che costituisce i primi centri di vita monastica sull’esempio dei monasteri buddhisti e taoisti.

Tutte queste presenze straniere sono portatrici di influssi e suggerimenti innovatori per la cultura cinese e anche per la musica e le altre arti dello spettacolo. Vengono adottati nuovi strumenti musicali, specialmente del genere dei liuti, delle cetre e dei violini, mentre l’antico e tradizionale qin viene perfezionato tecnicamente per meglio rispondere alle esigenze delle nuove e più complesse melodie. Durante l’epoca Tang si definisce con sempre maggiore chiarezza la distinzione tra musica religiosa, riservata alle liturgie buddhiste e taoiste, la musica cerimoniale di corte e la musica secolare, finalizzata all’intrattenimento puro e semplice.

I mingqi di questo periodo, rappresentano sia artisti ingaggiati per l’esecuzione delle musiche liturgiche legate alla cerimonia funebre, sia interpreti di spettacoli di intrattenimento, destinati ad allietare la vita ultraterrena del defunto.

E’ il caso, per esempio, delle eleganti danzatrici di Fig. 12, modellate in terracotta con grande abilità e decorate con argille colorate; colte in un momento della loro esibizione, “fotografano” le flessuose movenze della danza dell’epoca e ci mostrano le tipiche acconciature alla moda nel VII-VIII secolo e gli eterei abiti “stile impero”, diremmo noi, in sottile seta frusciante, con le lunghe maniche fluttuanti che le artiste muovono nell’aria con straordinaria maestria e grazia.

FIG. 12 –  Danzatrici, dinastia Tang (618-907), terracotta grigia, ingobbio bianco e pigmenti policromi a freddo, Cina centrale, Rockhill Nelson Gallery of Art, Kansas City (immagine tratta da David M., Ceramiche e porcellane cinesi, Fratelli Fabbri Editori, Élite, Milano 1966, pag 47)

Gli stessi atteggiamenti aggraziati si ritrovano nelle quattro figurine di Fig. 13, che esibiscono tracce di policromia ottenuta con argille di colori intensi e vivaci: rosso, verde-azzurro, nero, marrone. Sono ritratte nella posizione seduta, propria di tutti i musici che si dedicano al repertorio di musica più raffinata ed elegante, eseguita con strumenti a corda e a fiato, accompagnata da danze soavi e dalla recitazione di poesie di autori celebri.

FIG. 13 –  Quartetto di musiciste Tang, dinastia Tang (618-907), terracotta grigia, ingobbio bianco e pigmenti policromi a freddo, Cina centrale, h cm 14, Cina Centrale (Shaanxi), Galleria Renzo Freschi Oriental Art, Milano

E se la spontaneità e la schietta allegria dei musici di epoca Han (Figg. 4, 7 e 8) sono andate per sempre perdute, i volti accuratamente imbellettati e i gesti misurati delle artiste Tang evocano un ideale di bellezza serena e quasi trascendente, già proiettata nel mondo ultraterreno dove sono destinate ad accompagnare l’augusto defunto.

Invece, gli interpreti di musiche di origine settentrionale o centroasiatica, per lo più impiegate per cerimonie militari o per accompagnare danze e pantomime di soggetto epico-cavalleresco nel corso di spettacoli all’aperto, suonano prevalentemente strumenti a percussione ed hanno l’abitudine di farlo rimanendo in piedi. Solo alcuni secoli più tardi, con lo sviluppo del teatro, fiorito durante la dominazione mongola (dinastia Yuan, 1279-1368), anche questi complessi musicali, dotati di tamburi, piatti, gong e campane, inizieranno a costituirsi come vere e proprie orchestre, arricchite di strumenti a corda e a fiato e a suonare seduti su un lato del palcoscenico.

Dopo l’epoca Tang l’uso di porre mingqi nelle sepolture va gradualmente declinando (sebbene non si esaurisca mai completamente), sostituito in parte dall’abitudine – tutt’oggi praticata – di bruciare durante la cerimonia funebre effigi di carta di personaggi, animali, edifici ed anche strumenti musicali e musicisti.


NOTE
[1]  Il termine “mandarino” deriva probabilmente dal portoghese “mandar” che significa “comandare, ordinare”. L’appellativo sarebbe stato coniato dai primi mercanti portoghesi arrivati sulle coste cinesi, che avevano correttamente percepito i funzionari locali come detentori di un enorme potere, in quanto emanazione diretta dell’imperatore. Un’altra teoria fa derivare la parola “mandarino” dal sanscrito “mantrin“, usato anche in Malesia e in Indonesia, nel suo significato di “consigliere del re, ministro, conoscitore delle formule (regole)”. Ma anche questo termine sarebbe stato comunque veicolato dai mercanti portoghesi che avevano dimestichezza con quei luoghi e con quelle popolazioni. Nella lingua cinese si usa in genere il termine “guan” (oppure “guanfu”), cioè “funzionario, ufficiale”, sia per i funzionari civili sia per quelli militari.
[2] Erano previsti diversi livelli di esami, l’ultimo dei quali, il più elevato, si svolgeva alla presenza dell’imperatore in persona. Non più dell’1-2 per cento dei candidati riusciva a superare l’esame e ad accedere alla carriera di funzionario della burocrazia imperiale. In questo ambito erano previsti nove gradi, di cui il primo era il più elevato e prestigioso e, naturalmente, il più difficile da raggiungere. Ma anche l’ottenimento del più modesto nono rango era motivo di grandissimo orgoglio, poiché presupponeva, comunque, il superamento dell’intera serie di durissimi esami.
[3] Confucio – latinizzazione del cinese Kǒngzǐ (孔子) o Kǒng Fūzǐ (孔夫子), cioè Maestro Kong – è vissuto in Cina tra il 551 e il 479 a.C..Con la sua opera di insegnante e di consigliere dei sovrani ha dato origine a un sistema rituale e una dottrina morale e sociale, che si proponevano di rimediare alla decadenza spirituale della Cina, in un’epoca di profonda corruzione e di gravi sconvolgimenti politici. Il Confucianesimo (Rújiā 儒家) ha influenzato profondamente il pensiero e lo stile di vita in molti paesi dell’Estremo Oriente, come Cina, Corea, Giappone, Vietnam.
[4]  Confucio, I Dialoghi, VII, 6
[5]  Vi erano svariate tipologie di strumenti, molti dei quali di antichissima origine oppure provenienti da tradizioni culturali diverse. Preponderante era il ruolo degli strumenti a fiato (flauto, flauto traverso, organo a bocca) e a corda (violini, chitarre, arpe), così come importantissimo era quello dei carillon di campane di bronzo o di pietre sonore (litofoni). Gli strumenti a percussione (tamburi, piatti, gong) erano, invece, protagonisti delle musiche di origine militare o ispirate alle tradizioni delle popolazioni nomadi e seminomadi del nord e del nord-ovest.
[6]  Con il termine “Classici confuciani” – testi la cui compilazione è attribuita a Confucio – si vogliono indicare i Cinque Classici o Wujing (Shijing, Libro delle Odi; Shujing, Libro dei Documenti; Yijing, Libro dei Mutamenti; Chunqiu, Annali delle Primavere e degli Autunni; Liji, Memorie sui Riti) e i Quattro libri o Sishu (Lunyu, Dialoghi; Mengzi, Mencio; Daxue, Grande Studio, Zhongyong, Giusto Mezzo).
[7] Un antico detto di saggezza popolare, attribuito a Confucio, recita: “Per conoscere un popolo, ascolta la sua musica”
[8] Molto interessante, in proposito, è il sito archeologico della tomba del marchese Yi di Zeng, morto nel 433 a.C.; la sepoltura è stata rinvenuta nel 1994 a Leigudun, vicino a Suixian nella provincia di Hubei e il ricchissimo corredo funerario comprende anche numerosi strumenti musicali, tra i quali un carillon di campane di bronzo e un litofono con quarantuno lastre di pietra di diversa dimensione.
[9]  La modellazione fine manuale dopo la formatura in stampi è un’innovazione del processo di produzione delle terrecotte interessantissima, introdotta dal primo imperatore per consentire la produzione seriale dei suoi guerrieri dell’esercito di terracotta, pur assicurandone la caratterizzazione individuale.
[10] Si tratta di tre grandi sepolture risalenti al periodo degli Han occidentali (206 a.C.-9 d.C.) portate alla luce tra il 1972 e il 1974, vicino a Changsha, provincia di Hunan, identificate come le tombe di Li Cang marchese di Dai e Cancelliere del regno di Changsha, morto nel 186 a.C., della consorte Xin Zhui e del figlio maggiore, morto nel 168 a.C. (quest’ultima attribuzione è tuttavia ancora incerta).
[11] Gli studiosi classificano la terracotta come “rossa” o “grigia” in base al colore assunto dal materiale durante la cottura nella fornace, prima di ricevere l’eventuale decorazione policroma o il semplice ingobbio bianco. Tale colorazione dipende dalle caratteristiche chimiche della materia prima (più o meno ricca di particelle di ferro) e dall’atmosfera della fornace in cui avviene il processo di cottura (più o meno ricca di ossigeno).
[12] Il termine “ingobbio” indica un rivestimento non trasparente di argilla bianca finissima, che si applica all’oggetto già parzialmente essiccato, allo scopo di mascherare il colore originale della terracotta. Talvolta l’ingobbio può anche essere colorato e applicato per fini estetici e decorativi.
[13] Con il termine “invetriatura” si indica la pellicola vetrosa che riveste un corpo ceramico rendendolo impermeabile. Viene detta anche “vetrina” e molto presto i ceramisti cinesi ne scoprono la valenza decorativa e mettono a punto la possibilità di conferirle diverse colorazioni con l’aggiunta di appropriati ossidi metallici.
[14]  Xiao è il flauto diritto che in Cina è presente fin dall’epoca neolitica (prima del 3000 a.C. Allora era ricavato da ossa lunghe. Successivamente si è iniziato a fabbricare i flauti con il bambù). Sotto le dinastie Sui (589-618) e Tang (618-907) era lo strumento principale dell’orchestra. Da due secoli a questa parte i più famosi Xiao sono prodotti a Yubing nella provincia sud-occidentale di Guizhou, ove cresce un particolare bambù che permette la fabbricazione di flauti dal timbro eccezionale, inalterabili nel tempo e inattaccabili dagli insetti. Il flauto traverso, invece, detto Dizi, è popolarissimo in Cina sia come strumento solista sia come parte integrante di orchestre. Per moltissimo tempo è stato l’accompagnamento principale dell’Opera di Pechino. Formato da un segmento di bambù con otto fori, ha il secondo foro coperto da un tessuto vegetale che rende il suo suono particolarmente dolce.
[15] Il qin è uno strumento antichissimo che ha una cassa costituita da due tavole di legno, una superiore arcuata e una inferiore piatta. Inizialmente suonato sulle ginocchia, fu poi posato su di una tavola. Ha un unico ponticello che regge 7 corde, tradizionalmente di seta. Si suona a pizzico con la punta delle dita o con il plettro.
[16] Sheng: si tratta di un organo a bocca formato da un minimo di 14 e un massimo di 32 canne di bambù, ciascuna delle quali ha un foro. Le canne di differente lunghezza sono poste sopra un contenitore di metallo, che in origine era costituito da una zucca vuota. Il suono si ottiene soffiando aria nel serbatoio-contenitore e regolando l’emissione nelle varie canne, chiudendo o aprendo con le dita i fori posti su ciascuna di esse.
[17] Il sistema di piste carovaniere che mette in collegamento la Cina degli Han con le aree centroasiatiche, indiana e, indirettamente, mediorientale e mediterranea, viene tracciato progressivamente a partire dal II secolo a.C. nell’ambito della politica militare e diplomatica dei primi imperatori Han nei confronti delle popolazioni nomadi del nord-ovest. La denominazione “Via della Seta” compare per la prima volta nel 1877, nello studio che il geografo e geologo tedesco Ferdinand von Richthofen (1833-1905) dedica alla Cina.
[18] Il buddhismo inizia a diffondersi nell’ambito del territorio dell’impero cinese tra il I e il II secolo d.C., cioè proprio durante la dinastia Han.
[19] Si riconoscono, da sinistra a destra, un flauto (xiao), un flauto di Pan (paixiao), un qin, una chitarra “luna” (yueqin) e un piccolo tamburo.
[20] Invetriatura piombifera: invetriatura il cui fondente principale è il piombo; ha la particolarità di fondere a bassa temperatura. E’ stata la grande invenzione dell’epoca Han, perfezionata in seguito soprattutto per quanto riguarda la possibilità di conferirle diverse colorazioni intense e brillanti, ottenute grazie a ossidi metallici. (verde da ossido di rame, blu da ossido di cobalto, tutte le gradazioni dal beige al marrone da ossido di ferro). Rispetto alle più antiche invetriature che utilizzavano come fondenti ossidi di calcio, di potassio o di sodio, ha il vantaggio di richiedere temperature più basse, quindi minor tempo di cottura e minor combustibile. Inoltre i colori risultano più brillanti e la superficie più liscia e lucente. (Cfr. Rastelli S., Ceramica cinese, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia 2003).


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Isabella Doniselli Eramo, sinologa, è è vicepresidente di ICOO Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente e coordinatrice della Collana “Biblioteca ICOO” di Luni Editrice. Socio fondatore del Centro di Cultura Italia Asia, consulente per la cultura cinese del Museo Popoli e Culture del PIME di Milano e socia del Centro Studi Martino Martini per le relazioni culturali Europa-Cina di Trento, è stata responsabile per l’area “Cina” del Comitato di Esperti della rivista di studi sull’Asia “Quaderni Asiatici”.