La storia dell'architettura cinese è di scena a Milano

 

Un titolo enigmatico ed allo stesso tempo interessante per questo spettacolo della compagnia Zuni Icosahedron: One Hundred Years of Chinese Architecture. Il co-produttore e direttore esecutivo il Sig. Hu 胡, aveva simpaticamente avvertito che il pubblico italiano avrebbe potuto lasciare la sala in qualsiasi momento, essendo lo spettacolo esclusivamente in cinese Putonghua 普通话 (la lingua standard della Cina popolare), in una lingua mai udita, e lui avrebbe scherzosamente compreso, perché vedere questo spettacolo sarebbe stato come andare a teatro leggendo un libro o un giornale, ossia seguendo i sottotitoli in inglese e in italiano. Ma il pubblico italiano è rimasto.

Nella prima parte due attori, che rappresentavano una coppia reale vivente nel business del real estate cinese, Zhang Xin 张欣 e Pan Shiyi 潘石屹, fondatrice del gruppo SOHO, parlava del raggiungimento di brillanti obiettivi come possiamo leggere nei grandi quotidiani di economia e finanza, mentre sul palco vi erano dei grandi cubi spostati a piacimento dai due magnati, nella follia della pianificazione architettonica cinese. Mentre la coppia descriveva le loro opere, sembrava entrare nel paesaggio urbano di Pechino. Un teatro diventa un paesaggio urbano quando vengono proiettate immagini dei grandi grattacieli e dei quartieri di potere e di lusso. Sembra quindi di prendere parte alla stessa opera di pianificazione cittadina. Il direttore aveva anche avvertito di fare attenzione alle musiche: la musica è anche diventata un paesaggio sonoro. Durante la proiezione delle immagini sembrava infatti di essere immersi nel traffico e nei quartieri di banche e di uffici durante le ore di punta (che a Pechino sono un eufemismo). Da queste immagini descrittive si passa al sogno cinese, arricchirsi è glorioso, diceva Deng Xiaoping 邓小平, ma c’è da chiedersi: fino a che punto? Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, specie per quelli che ogni giorno si interessano alle borse asiatiche: speculazioni, eccessivi profitti e corruzione. Dal paesaggio sonoro si passa alla critica verso il potere, le grandi costruzioni sono una sua rappresentazione e non si risparmia neanche il nostro sistema di valori occidentali, criticando ferocemente le esposizioni universali. L’autore non potendo criticare direttamente, forse perde di universalità, cadendo nel non detto, lasciando dei sottintesi non facilmente comprensibili da un pubblico forestiero. Più chiara – ed esteticamente molto bella – la seconda parte: l’orologio torna indietro di cento anni e cambia la coppia, anch’essa realmente esistita, Lin Huiyin 林徽因e Liang Sicheng 梁思成, una coppia che dedicò la propria vita a preservare il patrimonio architettonico cinese: vi sono riferimenti storici, la critica sociale è meno feroce, ma vi è un alone d’impotenza. Non importa quanto colti e preparati, le loro parole furono inascoltate, la rovina e la distruzione del passato fu inevitabile.

La seconda e ultima parte si chiude con la lettura di una poesia in cui si evoca Beidao 北岛, il poeta oscuro, ed il messaggio è pessimistico e quasi ermetico. Beidao non credeva in nulla, come nella poesia Huida 回答 “risposta”, non credeva, bu xiangxin 不相信, neanche nella forza stessa delle sue parole, come le parole dei due architetti, impotenti di fronte all’avanzare della distruzione.
Tutto questo per un pubblico italiano non specialista non è stato forse facile cogliere, invece ciò che sicuramente rimane è essersi affacciati per circa due ore in un mondo diverso dal nostro che ha affrontato drammatici cambiamenti. Quello che bisogna sperare e augurarsi è che la Cina possa superare i momenti di crisi, rinnovandosi, e sconfiggere l’individualismo così diffuso, che è lo stesso male che sta distruggendo il nostro paese. Questo spettacolo fa riflettere sui meccanismi autodistruttivi della nostra società. Quindi il monito vale anche per noi. I due giovani attori di Taiwan, Gao Ruoshan 高若珊 e Cui Taihao 崔台镐, si distinguono per non aver perso una battuta ed aver tenuto la scena per due ore in maniera travolgente. Nei camerini erano raggianti e contenti di essere stati in Italia: dobbiamo trovare nei loro sorrisi la forza e la volontà di superare tutti i problemi?

Isabella Garofali


 

Venerdì 11 e Sabato 12 settembre 2015
Piccolo Teatro Grassi, Milano
per il festival Tramedautore
CENT’ANNI DI ARCHITETTURA CINESE
di Mathias Woo, compagnia Zuni Icosahedron
regia, drammaturgia, scene e soggetto di Mathias Woo
drammaturgia di Jimmy Ngai
consulenza del Prof. Ho Puay Peng
con Kao Jo-shan e Tsuei Tai-hao
Spettacolo in lingua originale con sovratitoli in italiano


 

Isabella Garofali insegna lingua e civiltà cinese nelle scuole secondarie di secondo grado ed è nella redazione di AsiaTeatro. Dopo la laurea in lingue e Civiltà orientali presso l’Università “La Sapienza” di Roma, si è diplomata al Conservatorio di Salerno in canto lirico. In seguito si è abilitata nell’insegnamento con TFA ordinario presso l’Università per Stranieri di Siena, ha approfondito i suoi studi di lingua cinese presso l’INALCO di Parigi, l’attuale Università di Lingua e cultura di Pechino, presso l’Università dello Yunnan e presso l’Università di Chongqing. Ha studiato inoltre Etnomusicologia presso Paris X Nanterre, interessandosi a forme regionali di teatro cinese. Durante i suoi studi a Paris X ha avuto l’opportunità di essere seguita da Mme Laurence Caillet nei seminari di etnologia generale e dal Professor Adrien Mamou Mani per Acustica presso il Conservatorio di Parigi.